I racconti e i consigli della nonna: quando la nonna lavora in cucina

Nonna trascorreva gran parte della giornata in cucina. Preparare il cibo per chi andava a lavorare nei campi era un lavoro lungo e faticoso. 

Non aveva utensili che la aiutassero ad accorciare i tempi di preparazione né tanto meno atti a rendere più facili alcune operazioni: mixer ad immersione, tritaverdure, mandolina affettatrice, robottino per tutti gli usi hanno preso il posto di un unico attrezzo, un coltellone sempre ben affilato con la cote che nonna teneva nel cassetto delle posate sempre a portata di mano.

Consigli in cucina nonna
I racconti e i consigli della nonna: quando la nonna lavora in cucina- (Corrieresarso.it)

Aveva un piccolo trucco per affilare il coltello quando nonno “rubava” la cote per il suo tascabile: prendeva una tazza di ceramica – ora usiamo più che altro i “mug” che vanno bene lo stesso – la rovesciava e sul sottile bordo esterno non smaltato passava la lama con un’inclinazione di circa 15° per una decina di volte per ogni lato. E’ un sistema che funziona, ma bisogna poi fare attenzione a non tagliarsi!

Naturalmente non aveva l’impastatrice per panificare o per fare le squisite fettuccine che preparava a mano ogni domenica sul ripiano della madia che copriva lo scomparto della farina.

Gli altri giorni della settimana usava la pasta industriale tenendo però bene a mente alcuni particolari: metteva il sale solo dopo il primo bollore, acqua e sale impiegano infatti più tempo a raggiungere la temperatura di ebollizione. Aggiungeva un filino d’olio all’acqua prima di “buttare giù” la pasta per evitare che si incollasse durante la cottura.

I tempi di cottura cambiano a seconda del tipo di pasta e i minuti indicati sulla confezione sono approssimativi (ai tempi remoti di nonna la confezione non esisteva, la pasta era venduta sfusa a peso), per cui conviene sempre assaggiarla. Il giusto punto di cottura è raggiunto quanto la pasta è tenera all’esterno e la sua parte interna è ancora dura, cioè “al dente”. Per maggior sicurezza, nonna assaggiava lo spaghetto o il rigatone dopo averli immersi nel sugo per assicurarsi che il connubio pasta-condimento fosse perfetto.

Usava una grossa pentola e molta acqua per cuocere qualsiasi tipo di pasta e, al bollore, la buttava giù, aggiungeva il sale grosso e copriva immediatamente la pentola per riportare l’acqua ad ebollizione al più presto. Lasciava poi il coperchio un po’ sollevato allo scopo di far uscire il vapore e garantire una cottura uniforme. La mescolava con un forchettone di legno fin dall’inizio per non farla incollare.

Spesso in cucina ciò che fa la differenza è la pratica e l’esperienza e nonna le possedeva entrambe. Il risultato era sempre un piatto ben riuscito, grazie anche a quei piccoli segreti e quelle astuzie che mi facevano apparire nonna una vera “maga”.

Otteneva delle polpette perfettamente tonde con un sistema ingegnoso: riempiva di pangrattato un bicchiere, prendeva poco impasto con un cucchiaio e lo metteva nel bicchiere, ne tappava con la mano l’apertura e lo scuoteva e lo faceva roteare per qualche minuto. Il risultato era: polpette tonde e mani pulite. Un mio piccolo segreto: nell’impasto delle polpette di carne, di pesce o di verdure, aggiungo una grattugiata di scorza di limone. Le polpette hanno così un gusto più fresco ed aromatico.

Per friggerle, per farlo senza avere cattivi odori in casa, durante la cottura nonna metteva uno spicchio di mela nell’olio che sostituiva frequentemente.

Accompagnava le polpette con una ricca insalata dell’orto. Conosceva un trucco anche per l’insalata che aveva raccolto magari qualche giorno prima ed era un po’ avvizzita. La spezzettava con le mani – mai con il coltello – in un’insalatiera e la metteva dentro la ghiacciaia (ora la possiamo mettere nel freezer) per alcuni minuti, la condiva e la portava in tavola fresca come appena raccolta. A lei piaceva condirla con il limone al posto dell’aceto e, prima di tagliarlo per spremerlo, lo “massaggiava” facendolo roteare sotto il palmo della mano aperta imprimendo una leggera pressione.

Arrivava poi in tavola con dei biscottini cotti nel forno a legna il giorno della settimana dedicato alla panificazione. Per evitare che l’umidità li rendesse raffermi e molli, li chiudeva in una scatola di latta… e qui arriva il segreto: inseriva ogni giorno una mollica di pane fresco o, in mancanza di questo, aggiungeva alcune zollette di zucchero che assorbivano tutta l’umidità conservandoli freschi e croccanti. Era difficile allora reperire lo zucchero in zollette; faceva allora dei sacchetti con il tulle delle bomboniere, messo sistematicamente da parte, li riempiva di zucchero e li introduceva nel barattolo dei biscotti.

…E passiamo alla frutta: nonna conservava le mele e le pere che raccoglieva dall’albero, in un cestino con una base di foglie secche o di paglia. Le disponeva con cura alternando quelle più mature a quelle acerbe, accelerandone così la maturazione.

In questo periodo dell’anno, la natura ci offre delle squisite pesche. Come tanta altra frutta, sono ottime raccolte e mangiate a morsi ma, per portarle a tavola, spesso le preparo come faceva mia mamma: le taglio a spicchi che dispongo a raggiera in un piatto tondo, le bagno con poco succo di limone e le spolvero di cannella. Sono molto apprezzate dai nipotini!

Io ho ancora l’acquolina in bocca però al ricordo di come nonna le preparava per i suoi nipotini il giorno della panificazione. Appena raccolte, le apriva a metà, le privava del nocciolo e con un cucchiaino allargava l’incavo togliendo un po’ di polpa che mescolava a zucchero e ad alcuni biscotti sbriciolati (meglio se amaretti). Ci riempiva l’incavo del nocciolo e le disponeva in una teglia dopo averla spalmata con pochissimo burro. Le bagnava con poco vino bianco (io ora uso il rum), le spolverava ancora con zucchero e biscotti sbriciolati e le metteva nel forno, dove aveva già cotto il pane e i biscotti, per una trentina di minuti (io le metto nel forno elettrico a 180° per lo stesso tempo).

Il caffè e l’amaro ai prossimi consigli!

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